In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2025, abbiamo scelto di proporre una riflessione approfondita sulle interconnessioni umane e geopolitiche che sono all’origine dei movimenti migratori. Un’occasione per guardare oltre i numeri e le cronache, per rimettere al centro le persone e i loro percorsi di vita, spesso segnati da esperienze complesse e trasformazioni profonde.
Attraverso la mostra Andare, abitare, sognare e il laboratorio Identità multiple: vita in movimento, abbiamo voluto offrire uno spazio di ascolto e narrazione dove le storie individuali potessero emergere e intrecciarsi. Focus dell’iniziativa la consapevolezza che la migrazione non è solo spostamento geografico, ma anche ridefinizione identitaria: un processo che rappresenta una risorsa tanto per le persone quanto per le comunità che attraversano o in cui si stabiliscono.
Oltre a valorizzare le vite in movimento nella loro dimensione relazionale e quotidiana, quest’anno abbiamo ritenuto necessario allargare lo sguardo a livello globale. Ci siamo chiest3 se esista un filo conduttore che collega le tante crisi e i conflitti in corso nel mondo, e quale ruolo abbiano le dinamiche geopolitiche nella produzione di mobilità forzata.
In questa prospettiva si inserisce l’intervento del giornalista e scrittore Emanuele Giordana, che ha presentato la XIII edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.
Il suo contributo si è focalizzato su un tema ancora poco conosciuto: quello delle Scam City, le città-prigione del Sud-est asiatico, luoghi di sfruttamento e coercizione in cui migliaia di persone vengono trattenute contro la loro volontà. Una realtà approfondita anche nel volume “Asia Criminale”, scritto insieme a Massimo Morello (ed. Baldini Castoldi).
La giornata è stata arricchita dalle testimonianze dirette di attivist3 impegnat3 su diversi fronti.
Angela Ravanetti, attivista di Energia per i Diritti Umani, ha raccontato il progetto Missing at the Border, che dà voce ai familiari delle persone migranti scomparse o decedute nel tentativo di attraversare i confini di terra o di mare per arrivare in Europa.
Gloria Mendiola, leader sociale e artista, ha condiviso l’esperienza dell’esilio forzato dalla Colombia e l’impegno per la pace.
Subarna Sharmin, mediatrice interculturale bengalese, ha parlato della migrazione femminile dal Bangladesh, portando l’attenzione sul tema della violenza domestica.
Infine, Khaled Khalaf, rifugiato politico in Italia, attraverso la sua storia personale ha offerto uno sguardo sulla diaspora palestinese, contestualizzandola nel quadro della odierna situazione drammatica a Gaza e Cisgiordania.
Molto significativa è stata anche la partecipazione delle persone accolte nel progetto SAI, che hanno seguito con attenzione e partecipazione l’incontro, nonostante le difficoltà linguistiche.
Sentirsi ascoltat3, rappresentat3 e coinvolt3 ha rafforzato il senso di appartenenza e riconoscimento, contribuendo a rendere la giornata un’esperienza realmente collettiva.








